lunedì 18 ottobre 2010

Dottore, non rido più.

Saranno cinque anni che non riesco a ridere davanti alla tv, dottore. Io ci provo, lo giuro.. la sera mi rilasso, magari mi masturbo o mi faccio una canna, e poi con il sorriso inebetito e la palpebra a mezz'asta poff mi siedo sul divano click accendo la tivvù.
Faccio un po' di zapping perché è dall'ultima puntata di Decameron che non accendo la tele e non sono aggiornato sui palinsesti.
Su Rai1 una fiction storica.. alzo il medio verso il monitor e cambio.
Su Rai2 c'è Pippo Baudo che fra occhiali a raggi x e capelli fotonici si sta trasformando in un ibrido fra il conte Dracula e Mazinga Z.. tergiverso un istante ad osservare la mutazione in diretta solo per dovere scientifico, ma alla fine cedo e sbuffando cambio canale.
Rai3 lo salto perché ho voglia di ridere stasera.
E' troppo tardi per quel bel programma satirico su Rete4, come si chiama, il TIGGI', quindi vado su Canale5, a vedere cosa propone la rete ammiraglia del biscione stasera. Vedo Bonolis circondato da bambini schiamazzanti e quasi sobbalzo sul divano, ma che s'è fatto prete?
Sono ormai rigido e teso, con i gomiti sulle ginocchia e gli occhi sbarrati, quando giro su italiaaaaa unoooooo. Dulcis in fundo, la patria dell'oblio, l'unica rete che uccide più neuroni di una carriera nel pugilato.

Sento battute sulla suocera, sulle vacanze al mare, sui giovani con i piercing. Sento giochi di parole scadenti e patetici. Sento scoregge e pernacchie, gente che urla e corre in giro. Un cimitero di tormentoni idioti.

E la vista mi si annebbia piano piano. Mi prendo il volto fra le mani e sommessamente piango. Piango perché sto guardando Zelig, Colorado Café, Le Iene.. ma penso a l'Ottavo Nano, a Mai dire Gol, a Satyricon. Piango perché in un momento di debolezza il mio pensiero va alle generazioni più giovani che non conosceranno altro tipo di comicità di questo sottoprodotto dell'avanspettacolo. Piango perché poi ritorno egoista e penso che io dovrò avere a che fare con i giovani che questa roba renderà dei cerebrolesi incapaci di fare piani che vadano oltre il venerdì sera in discoteca. Piango perché ormai so a memoria tutti gli spettacoli teatrali di Aldo, Giovanni e Giacomo, tutti gli sketch del prof. Fontecedro, tutti i film di Albanese, e non posso far altro che aspettare qualche anno prima di ripassarmi in rassegna su youtube tutto quello che mi faceva ridere, solo per strapparmi oggi un amaro sorriso.

Mi ricompongo, mi asciugo gli occhi e metto su il mio sguardo cinico, dietro gli occhiali spessi e neri, e mi dico fanculo, tanto so l'inglese. Non so lei, dottore, ma io vado a vedermi il Letterman Show. CLICK

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari spettatori, vi dirò liberamente la verità, nel nome di Dioniso, mio maestro. Possa io vincere ed essere considerato sapiente come è vero che credendovi un pubblico competente e credendo questa la più bella delle mie commedie, l'ho data a voi per primi da gustare, il dono che mi è costato più fatica. Invece sono stato battuto ingiustamente, e da gente volgare. Di questo devo lagnarmi con voi, che pure siete uomini intelligenti e per i quali mi sono dato tanto da fare. Tuttavia non voglio tradire quelli di voi che hanno gusto. Un tempo avete accolto con favore (è un piacere parlare con voi) i miei personaggi, quello casto e quello scostumato; io, che ero ancora giovane e non avevo la capacità giuridica di darli alla luce, li ho dati a balia, o meglio un'altra me li ha presi, e voi generosamente li avete nutriti ed educati. Da allora un patto di mutua lealtà unisce me e voi.
Ora questa commedia è venuta come Elettra a cercare, se riesce a trovarli, spettatori di buon gusto. State tranquilli che, se appena lo vede, saprò riconoscere il ricciolo del fratello. Guardate com'è pudica; a differenza delle altre, è venuta senza cucirsi davanti quel lungo cuoio, grosso e rosso in cima, che fa ridere i bambini. Non prende in giro i calvi, non balla il cordace, non c'è il vecchio che mentre parla picchia col bastone l'interlocutore, per nascondere la povertà delle battute. Non salta sulla scena con le fiaccole, non urla “ohibò”, ma si presenta da sola, fidando nei suoi versi.
E il poeta, che sono io, non porta i capelli lunghi, né vuole imbrogliarvi presentandovi per due o tre volte la stessa cosa, ma cerca di darvi sempre nuove idee, diverse l'una dall'altra e buone tutte. [...]
Il primo è stato Eupoli a portare sulla scena il Maricante, stravolgendo malamente – da figlio di cane qual è – i miei Cavalieri, e aggiungendovi una vecchia ubriaca che balla il cordace (vetusta invenzione di Frinico!). Poi se la mangiava una balena. In seguito è stata la volta di Ermippo di attaccare Iperbolo, e ora tutti gli danno addosso, ripetendo la mia similitudine sulle anguille. Chi ride di questa roba, non può trarre piacere dalla mia. Se invece gradite le mie trovate, per l'avvenire avreste fama di persone intelligenti.

[ Aristofane - Le Nuvole ]