giovedì 21 ottobre 2010

Dove fallisce la ragione vince la pigrizia

Che viviamo in un'epoca strana, in tempi di grandi svolte, in un momento chiave della storia dell'umanità, ce lo ripetono spesso. Nell'ultimo secolo l'uomo occidentale ha sperimentato ciò che nessun altro uomo prima aveva mai potuto. Ci siamo seduti e abbiamo visto la storia fare il suo corso, dinamica, veloce, che toglie il fiato. Il tempo è diventato una freccia lanciata in avanti, un razzo diretto nello spazio, una sequenza numerica di informazioni che sfreccia da un capo all'altro del pianeta. La società è cambiata per adattarsi a questo nuovo tempo: l'uomo è cambiato. Nuove abitudini sono nate, vecchi costumi sono stati dichiarati vetusti, inutili, reliquie di un passato polveroso, opprimente, senza colori.

E' la fede uno di questi vecchi costumi?

Nei paesi più all'avanguardia, quelle nazioni a capo dell'onda di rinnovamento di questi tempi, la quasi metà della popolazione si dichiara atea o agnostica. Questi paesi, come la Svezia, l'Olanda, il Canada, il Giappone, l'Australia, sono quelli che meglio hanno interpretato le fondamentali istanze del nostro tempo: il progresso scientifico, le politiche sociali, l'ambientalismo, la conservazione della cultura e dell'arte, la libera circolazione del pensiero e delle persone. (certi paesi più, certi meno, in ciascun specifico settore. Ad esempio mi si fa notare che il Giappone è tutt'altro che ambientalista e l'Australia cura poco il proprio patrimonio culturale, ma penso che in generale il discorso sia chiaro e sostenibile). I paesi illuminati si sono guardati allo specchio e si sono chiesti se sarebbe stato possibile vivere meglio senza dogmatismi religiosi e senza superstizioni, e con naturalezza si sono liberati di questi pesi e hanno proseguito più svelti e leggeri il loro percorso.

E in Italia? A quanto pare, in Italia non ci va così di lusso. Siamo il paese dei vecchi, il paese dei furbi, il paese diviso a metà, il paese dei preti. Secondo le statistiche, circa il 90% degli italiani sono cattolici ma solo 1/3 di questi è praticante. Atei e agnostici si affermano sul 6% della popolazione. Ma stanno davvero così le cose? E' così tragica la situazione?

A lungo ho pensato che sì, la situazione fosse davvero tragica. La dottrina cattolica è una delle più retrograde e barbare espressioni religiose sul pianeta, eppure ha davvero tutto questo credito in un paese dell'occidente calato nel 21° secolo? Il divario fra ciò che queste statistiche lascerebbero presupporre e la realtà mi è parso eccessivo fin dal principio, e ho presto realizzato che la questione era molto più sottile di quanto questi dati presi grossolanamente di per sè potessero dire.

La recente notizia che nella riforma del federalismo fiscale ci sarebbe una nota che prevede l'abolizione dell'esenzione dal pagamento dell'ici da parte del Vaticano per quanto riguarda determinati edifici (con un rientro in utile per lo stato calcolato sul miliardo di euro all'anno) indica la reale tendenza del paese e tradisce quali siano i veri sentimenti del popolo italiano. Perché di sentimenti si tratta, e non di ragione. Siamo un popolo vecchio e pigro, spesso il cervello ci difetta e la logica spesso la deridiamo.

Ma quanto siamo refrattari  alla ragione, tanto siamo invece sensibili rispetto alle comodità ed ai piaceri.

L'italiano se ne frega della religione nei fatti.
Quanti cattolici hanno mai letto la bibbia?
Quanti frequentano i riti imposti dal loro culto?
Quanti conoscono anche vagamente i dogmi della loro madre chiesa?
Quanti si sono mai posti realmente il problema di una appartenenza religiosa?
E quanti invece accettano supinamente una definizione attribuitagli, quella di cattolici romani, per pura pigrizia intellettuale?

La mente pigra dell'italiano non si cura certamente di definizioni e di dilemmi intellettuali. E d'altro canto, il carattere fortemente regionale di alcuni aspetti del culto cattolico ha creato forme di religiosità ibride in cui spiccano caratteri estranei alla dottrina originale, come spiritismo, paganesimo, politeismo. Aberrazioni che la Chiesa romana ha accolto in seno a sè, tradendo il proprio originale mandato e rivelandosi ancora una volta la religione-puttana che è sempre stata, serva più del potere e delle ricchezze che del suo Dio.

Ecco allora che ad una analisi già superficiale le statistiche perdono di significato. Anche basandoci sulla semplice dichiarazione raccolta attraverso un sondaggio, e senza indagini approfondite, ritengo che sia impossibile stilare una statistica accurata del reale numero di cristiani e cattolici nel paese, tenendo conto della eterogeneità e caoticità delle posizioni religiose e spirituali. Si può solo prendere atto di questo: Spinoza e Voltaire hanno più seguaci - inconsapevoli - di quanti ne abbia il vaticano. Sì, perché sono assolutamente certo che la pigrizia e la mollezza intellettuale abbiano con il tempo creato una vasta schiera di panteisti e deisti, che dichiarano di credere in una divinità astratta e impersonale chiamata per comodità e tradizione Dio o Cristo ma che ha perso ogni caratteristica di appartenenza ad un culto definito.

E allora ecco forse come sarebbero delle statistiche che si avvicinano maggiormente alla realtà:
Italia: 30% cattolici, 60% deisti, 6% atei-agnostici, 4% altro.

Il mio non è un elogio alla pigrizia ed alla accidia intellettuale e spirituale. Mi augurerei che la consapevolezza dell'infondatezza di qualsiasi pretesa di veridicità religiosa fosse raggiunta da ciascun individuo grazie al ragionamento, alla onestà intellettuale, alla libertà morale.
Ma non è così, e quando il rischio è quello di essere una democrazia prona al potere religioso, mi accontento di una piccola vittoria come questa, e spero nel futuro.

Tiriamo un sospiro di sollievo, grazie alla pigrizia stavolta ce la siamo cavata.

martedì 19 ottobre 2010

La libertà muore lentamente

Non so voi, ma io non sono ancora riuscito ad abituarmi ad una televisione senza i Guzzanti, Daniele Luttazzi, Massimo Fini, Paolo Rossi, e via discorrendo. Le rare volte che accendo la televisione - venendo puntualmente sommerso da quintali di immondizia - sento crescere in me un familiare sentimento di sdegno e disprezzo. Che poi, hanno il loro bel daffare a convincerci i capitani coraggiosi del liberismo e del capitalismo sfrenato, quando parlano di mercato libero e di sopravvivenza dei migliori. Quelli che ho nominato sono palesemente fra i migliori autori comici, giornalisti, scrittori, liberi professionisti della satira e dell'informazione attivi nel nostro paese da trent'anni a questa parte. Stando ai risultati di share dei loro programmi, di vendita dei loro libri, di afflusso ai loro spettacoli, qualsiasi abile imprenditore delle telecomunicazioni affiderebbe loro programmi di successo, in orari di grande visibilità, con grandi sforzi economici e il miglior comparto tecnico alle spalle. Per non parlare del dovere di altre aziende di stato che dovrebbero avere un sacrosanto obbligo di espletare un servizio di tipo culturale rivolto alla popolazione del paese di cui sono dipendenti.

E' con queste premesse che oggi, dopo aver letto su Il Fatto Quotidiano del nuovo tentativo di "censura dolce" messa in atto dai poteri forti, i soliti, con il servile aiuto della dirigenza Rai, ai danni del programma di Fabio Fazio e Roberto Saviano, "Vieni via con me", programmato da mesi per fare il suo debutto in prima serata a inizio novembre, ho cominciato a sentire un movimento vorticante ad altezza coscia. Ospiti del programma dovrebbero essere figure di spicco del panorama intellettuale, culturale e artistico internazionale: Roberto Benigni, Bono Vox, Antonio Albanese, Paolo Rossi, Claudio Abbado.

Cosa intendo con "censura dolce"? E' la censura di una "dittatura dolce". Il metodo, probabilmente un ripiego dovuto al clamore destato ultimamente dalla questione Annozero e ancora più recentemente di Report, o forse legato al grande consenso delle due vittime, si basa su piccole, sottili manovre. Fondi che vengono sottratti, contratti da firmare che rimangono a prendere polvere su qualche tavolo, ospiti rigettati, muri di gomma, silenzi, strani posizionamenti nel palinsesto. Tutto molto più discreto, con molte più ombre, e tante occasioni per trovare scuse, per dichiararsi innocenti di fronte ad accuse di responsabilità politiche, di avanzare motivi di ordine economico a sostegno delle proprie decisioni. Questo è quanto risulta da una intervista pubblicata da Saviano sul suo sito web.

I più attenti, i tipi svegli come me, si ricorderanno che il medesimo trattamento fu riservato ad un grande giornalista, Enzo Biagi, qualche anno fa a seguito del noto diktat bulgaro. Molte sono le analogie fra i due casi: tagli di budget e spostamenti nel palinsesto che la dirigenza di rete giustificava con tentativi di rendere più competitivo il canale rispetto alla concorrenza, rispetto alle quali Biagi si rese disponibile a lavorare a titolo gratuito, purché la programmazione rispettasse gli orari stabiliti. Biagi si dovette arrendere, se ne andò amareggiato, e fu poi definitivamente salutato dalla Rai con una raccomandata con ricevuta di ritorno che in pratica terminò la sua carriera di giornalista e opinionista televisivo.

Ora si dice che il programma di Fazio e Saviano si farà comunque, che tutto si risolverà, che la rete lo considera la sua punta di diamante nella programmazione autunnale. Forse sì, lo spero molto, vedremo. Probabilmente dissero le stesse cose per rassicurare Biagi cinque anni fa.

E se la storia si ripetesse? E se anche gli ultimi barlumi di libertà venissero lentamente soffocati e uccisi? Ci stareste voi? Dico a voi, popolo che può rinunciare alle stringhe delle scarpe e alla carne nel brodo ma non all'abbonamento allo stadio e alla macchina 4800c turbo benzina interni in pelle umana. Farete spallucce e cambierete canale? O sarà la volta buona che si alza la voce, si alzano i culi dalle poltrone, ci si scrolla di dosso un po' di sonnolenza e si va a ricordare ai nostri dipendenti chi è che comanda in Italia?

lunedì 18 ottobre 2010

Dottore, non rido più.

Saranno cinque anni che non riesco a ridere davanti alla tv, dottore. Io ci provo, lo giuro.. la sera mi rilasso, magari mi masturbo o mi faccio una canna, e poi con il sorriso inebetito e la palpebra a mezz'asta poff mi siedo sul divano click accendo la tivvù.
Faccio un po' di zapping perché è dall'ultima puntata di Decameron che non accendo la tele e non sono aggiornato sui palinsesti.
Su Rai1 una fiction storica.. alzo il medio verso il monitor e cambio.
Su Rai2 c'è Pippo Baudo che fra occhiali a raggi x e capelli fotonici si sta trasformando in un ibrido fra il conte Dracula e Mazinga Z.. tergiverso un istante ad osservare la mutazione in diretta solo per dovere scientifico, ma alla fine cedo e sbuffando cambio canale.
Rai3 lo salto perché ho voglia di ridere stasera.
E' troppo tardi per quel bel programma satirico su Rete4, come si chiama, il TIGGI', quindi vado su Canale5, a vedere cosa propone la rete ammiraglia del biscione stasera. Vedo Bonolis circondato da bambini schiamazzanti e quasi sobbalzo sul divano, ma che s'è fatto prete?
Sono ormai rigido e teso, con i gomiti sulle ginocchia e gli occhi sbarrati, quando giro su italiaaaaa unoooooo. Dulcis in fundo, la patria dell'oblio, l'unica rete che uccide più neuroni di una carriera nel pugilato.

Sento battute sulla suocera, sulle vacanze al mare, sui giovani con i piercing. Sento giochi di parole scadenti e patetici. Sento scoregge e pernacchie, gente che urla e corre in giro. Un cimitero di tormentoni idioti.

E la vista mi si annebbia piano piano. Mi prendo il volto fra le mani e sommessamente piango. Piango perché sto guardando Zelig, Colorado Café, Le Iene.. ma penso a l'Ottavo Nano, a Mai dire Gol, a Satyricon. Piango perché in un momento di debolezza il mio pensiero va alle generazioni più giovani che non conosceranno altro tipo di comicità di questo sottoprodotto dell'avanspettacolo. Piango perché poi ritorno egoista e penso che io dovrò avere a che fare con i giovani che questa roba renderà dei cerebrolesi incapaci di fare piani che vadano oltre il venerdì sera in discoteca. Piango perché ormai so a memoria tutti gli spettacoli teatrali di Aldo, Giovanni e Giacomo, tutti gli sketch del prof. Fontecedro, tutti i film di Albanese, e non posso far altro che aspettare qualche anno prima di ripassarmi in rassegna su youtube tutto quello che mi faceva ridere, solo per strapparmi oggi un amaro sorriso.

Mi ricompongo, mi asciugo gli occhi e metto su il mio sguardo cinico, dietro gli occhiali spessi e neri, e mi dico fanculo, tanto so l'inglese. Non so lei, dottore, ma io vado a vedermi il Letterman Show. CLICK

domenica 17 ottobre 2010

La morale egoista

"Abbiamo appena finito di piangere quattro nostri soldati uccisi nell'agguato a Farah e ora avremo nei negozi il nuovo videogame che permetterà a tutti, bambini  compresi, di scegliere di stare dalla parte delle forze occidentali o talebani e addentrarsi virtualmente nello scenario di guerra"

E' un po' come quando uno finisce di piangere pensando a chi siede sulle poltrone del comando del paese in cui disgraziatamente risiede e si accorge subito dopo che anche l'opposizione è un covo di reazionari moralisti cattopedofili.
Sì perché la dichiarazione sopra riportata è stata partorita dalla invidiabile mente di un capogruppo parlamentare iscritto all'Italia dei Valori, il nostro caro dipendente Augusto Di Stanislao. Ha anche detto che il gioco andrebbe sequestrato in tutta Italia, e rammentandosi poi di stare all'opposizione si è scagliato contro La Russa che "è bravissimo e diretto quando occorre deviare risorse per creare giovani balilla o per la mini naja, e ora non una parola contro questa assurdità a differenza del suo omonimo britannico che chiede il boicottaggio." Questo sì che romperà i maroni alla direzione! (cit.)

Ora, per quanto la cosa mi renda personalmente triste, abbattuto, e una serie di altri aggettivi che non ho voglia di pensare, il punto centrale della questione non risiede nel fatto che ad essersi sentito in dovere di fare queste ridicole esternazioni sia stato un parlamentare dell'opposizione. L'Idv è un partito di destra fatto da gente con più senso morale che intelligenza, idealmente. E questo si sa, o almeno io lo penso e tanto basta, a casa mia comando io e levatevi le scarpe prima di entrare.

Come dicevo, il punto è un altro. Perché in tutto il mondo c'è tanto clamore per un gioco del genere? Le motivazioni sembrano essere legate ai contenuti del videogioco: questo è ambientato sul terreno di guerra Afghano e permetterebbe di scegliere fra le fazioni disponibili anche quella dei talebani, quei tizi con le barbe lunghe, le gonne e gli asciugamani in testa che hanno inventato il cancro, l'HIV e hanno ucciso Michael Jackson. Era così la storia, no?

E così si scatena la furia dei conservatori e dei moralisti. E così a me girano i coglioni. Tremendamente.
Perché le teste di latta che oggi ringhiano alla censura della video-guerra ieri inneggiavano alla guerra - quella vera. C'è un distacco fra mondo reale e mondo virtuale che è pari solo al vuoto che questi signori hanno fra le orecchie. E non parlo della distanza fra la realtà e un videogioco: quella, in termini di realismo, va sempre più a ridursi - forse è proprio questo che li preoccupa, temono che il gioco sia così realistico da farti uccidere civili innocui più che talebani feroci. Parlo della distanza che separa queste mummie dalla realtà.

Per loro informazione, la realtà è quella in cui probabilmente quei quattro soldati morti passavano il tempo libero giocando a giochi di guerra e sarebbero corsi a comprare questo gioco una volta uscito. La realtà è quella in cui mine e bombe uccidono persone che i videogiochi non sanno nemmeno cosa siano - ma magari i videogiochi sequestrati li potremmo mandare a loro, tanto per farli distrarre un po' (deve essere stressante essere in mezzo ad una guerra).

Ma soprattutto, la realtà è quella in cui, cazzo, se io creo un guerra, devo guadagnarci solo io! La vera immoralità è quella di chi pensa di poter fregare il copione di questo dramma e farci su un videogioco senza pagare il copyright.

Bravi, continuate così, con la morale egoista.